Transizione energetica: un ponte per un futuro più sostenibile

Per transizione energetica elettrica si intende il passaggio da fonti di energia fossili (limitate) a fonti di energia rinnovabili (abbastanza energia da approssimarla ad infinita in tempi umani). Il comparto elettrico sta dando il maggior contributo alla transizione energetica e quindi verrà affrontato in questo corso.

All’interno di questa transizione energetica da combustibili fossili a fonti rinnovabili abbiamo una sempre più spinta elettrificazione dei consumi con nuovi utilizzatori come veicoli elettrici o device tecnologici. Più il tempo passa vediamo che la quantità di utilizzatori elettrici stanno aumentando sempre più. Senza l’energia elettrica questi utilizzatori non avrebbero senso di esistere per via del basso rendimento o della bassa efficienza. Prendiamo per esempio i cicli frigoriferi o i motori delle macchine industriali: essi non avrebbero senso di esistere all’infuori del vettore energetico elettrico.

Inoltre dopo il decreto Bersani vi è stata una liberalizzazione del mercato energetico consentendo anche ai privati di produrre energia. 

All’interno di questa transizione abbiamo anche il passaggio da un sistema di produzione centralizzato, grandi centrali vicine alle città, a un sistema distribuito (generazione di energia direttamente al’utilizzatore), o misto centralizzato distribuito.

Il momento della transizione energetica arriva con la maggiore consapevolezza del riscaldamento globale dove ci si è accorti che è fondamentale ridurre l CO2 in atmosfera. Inoltre il tempo che ci rimane per prendere provvedimenti a riguardo è molto limitato prima che il processo sia irreversibile.

TerminOlogie utili

Prodotti energetici: prodotti estratti o catturati da prodotti naturali, da cui è possibile ricavare energia e sono per noi risorse primarie, che possono essere non rinnovabili come il  carbone, o rinnovabili come il fotovoltaico.

Energia rinnovabile: energia che una volta consumata si ripristina e può essere consumata nuovamente.

Energia non rinnovabile: una volta consumata non può rinnovarsi.

Energie alternative: energie che vengono prodotte senza combustibili fossili; di queste fa parte anche l’energia nucleare.

Vettori energetici : sostanze che possono essere utilizzate per creare movimento e lavoro meccanico come benzina, energia elettrica, idrogeno ecc.. (tutto quello che non si estrae dalla natura )

Le fonti di energia rinnovabile utili alla transizione energetica

Utilizzo delle varie fonti di energia rinnovabili per la transizione energetica
Utilizzo delle varie fonti di energia rinnovabili per la transizione energetica

Possiamo vede dal grafico che l’idroelettrico sostiene la crescita delle energie rinnovabili, ma il suo contributo è concluso e il settore è saturo. Possiamo quindi contare per procedere con la nostra transizione energetica su altri tipi di fonti di energie. Vediamo che il solare sta avendo una forte crescita e un grosso impatto sulla produzione di energia che è possibile prevedere ancora più spinta nei prossimi anni.

 Vediamo inoltre che la crescita delle rinnovabili ha superato in termini di produzione gas e carbone.

Infatti vediamo sempre dal grafico che la produzione in termini energetici da parte del carbone è di circa 2.1 TW mentre dalle fonti di energia rinnovabili (Renewable Energy Sources) siamo arrivati a toccare circa i 2.5 TW di potenza.

Vediamo inoltre dal grafico che la quantità di centrali alimentate a carbone e gas nel mondo sta diminuendo a favore delle fonti di energia rinnovabile.

Questo non solo da un punto di vista di adozione delle soluzioni rinnovabili, ma anche dal punto di vista economico vediamo che le fonti di energia rinnovabile stanno ricevendo sempre più finanziamenti e investimenti.

Variazione dei consumi in funzione di anno (assex) e potenza per la transizione energetica
Variazione dei consumi in funzione di anno (assex) e potenza

Vediamo qui i trend di crescita nella soddisfazione del fabbisogno energetico globale come le energie rinnovabili hanno soppiantato il petrolio, raggiunto a livello percentuale il nucleare e come, visto appunto il trend di crescita esponenziale, raggiungeranno presto l’idroelettrico e eventualmente i combustibili fossili.

Inoltre sappiamo che l’Europa punta a portare le fonti di energia rinnovabili al 40% e dai grafici sottostanti è possibile vedere come i vari membri europei stiano pian piano abbandonando il fossile per passare al rinnovabile.

Perché sta avvenendo questo cambiamento

1 la limitata disponibilità delle fonti non RINNOVABILi

Secondo degli studi abbiamo disponibili ancora  circa 1500 miliardi di barili di petrolio,ma allo stesso tempo ne consumiamo circa 90 miliardi all’anno dandoci così all’incirca 15 anni di autonomia 

Quindi abbiamo che le risorse naturali sono finite e prossime a finire.

Anche economicamente costa sempre di più estrarre le fonti fossili portando così a un rendimento economico minore che spinge a estrarre sempre di meno e a essere un settore, quello dell’estrazione, sempre meno sostenibile.

Inoltre ci troviamo in un periodo in cui in breve tempo arriveremo all’apice di molti fenomeni correlati ad un maggiore fabbisogno di energia tra cui:

  • la scarsità di cibo (servirà più energia per produrlo)
  • la scarsità di acqua
  • la sovrappopolazione (più persone hanno più bisogni energetici)

la presa di coscienza del riscaldamento globale

Siamo sempre più coscienti del fatto che il cambiamento climatico sta avvenendo, grazie alla presa di posizione di comunicatori migliori degli ingegneri e scienziati; infatti quest’ultimi sin dagli anni 70 sostengono che il cambiamento globale esiste e va affrontato.

Inoltre appunto anche in economia vediamo che i rischi maggiori sono legati al fallimento delle procedure per contenere il riscaldamento globale.

Quindi una eventuale catastrofe ambientale porterebbe di conseguenza anche a una catastrofe economica.

le cOnseGUENZE del riscALDAMENTO globale

  • l’innalzamento del livello del mare con la perdita di località costiere (vedi Venezia);
  • lo scioglimento dei ghiacciai che comporta la diminuzione delle riserve di acqua dolce;
  • Inoltre avremo una percentuale maggiore di vapore acqueo nell’aria che comporta dei cambiamenti a livello climatico come la minor frequenza di piogge ma con un aumento della violenza della precipitazione;
  • la presenza di nuove malattie o allergie dovuta alla migrazione di animali e piante da una parte all’altra del mondo per poter rimanere nel loro clima ideale;
  • la diminuzione di biodiversità

L’insieme di questi cambiamenti porterà a problemi locali per determinate popolazioni che migrando porteranno a problemi economici e politici non indifferenti (da qui l’alto rischio).

In termini temporali facendo alcuni conti abbiamo circa fino al 2030 per poter invertire il trend di crescita della temperatura e come primo baluardo di questo cambiamento è necessario ridurre drasticamente le emissioni di gas serra che, come vediamo dal grafico,è direttamente correlata alla crescita della temperatura.

Transizione energetica, emissioni di gas serra

Vediamo che il comparto energetico è uno dei grandi emettitori di gas serra e di conseguenza è uno dei comparti che cambiando può influire sempre più positivamente sulla quantità delle emissioni.

Per il settore dei trasporti di grandi dimensioni come navi e aerei non abbiamo una strada da percorrere per poter trasformare il movimento a sola energia rinnovabili.

ma come dato positivo vediamo che non c’è stato dal 2018 al 2019 una crescita delle emissioni globali nonostante la crescita economica del 2.2% e nel 2020 abbiamo avuto una caduta del 7% delle emissioni di CO2.

la scarsa qualità di vita nelle zone più inquinate come le grandi città

Vediamo che nel corso del tempo bruciando combustibili fossili la qualità dell’aria nelle grandi città sta peggiorando a vista d’occhio tanto da portare le persone a non uscire di casa se non munite di mascherine filtranti (questo anche pre-covid).

la decrescita dei costi e i prezzi delle fOnti di energia rinnovabile

Il costo delle energie rinnovabili è forte in decrescita, in particolare il fotovoltaico sta diventando la fonte di energia più economica al mondo in proporzione alla quantità di energia prodotta soppiantando addirittura i combustibili fossili.

Vediamo inoltre che il nucleare sta diventando sempre più costoso e sta venendo abbandonata come fonte di energia; infatti
negli ultimi anni stanno venendo costruite solo centrali prototipo e le centrali preesistenti sono economicamente sostenibili solo perchè sono già state ammortizzate. Inoltre una centrale nucleare moderna ha bisogno di molti più sistemi di controllo rispetto a una più vecchia aumentando così i costi di costruzione.

Il nucleare comunque è una forma di energia che potrebbe farci da ponte e portarci dal fossile fino al rinnovabile dato che con le enormi quantità di energia prodotta è u a solida base per le esigenze del mercato.

Non è una soluzione nemmeno il catturare e riciclare l’anidride carbonica dall’aria dato che le poche centrali producono troppa poca energia per i consumi e i costi sostenuti.

facilità e velocità di installazione e scalabilità

Vediamo che le rinnovabili sono le più veloci da installare e possiamo quindi velocizzare la transizione energetica. Inoltre permette di diversificare la fonti e rendere delle zone geografiche energeticamente indipendenti.

Infatti molti produttori e distributori si stanno spostando sul rinnovabile alimentando così la crescita. Inoltre anche l’utilizzo dell’energia sta cambiando ,infatti dato che l’energia elettrica da fonti rinnovabili ha la priorità di consumo (semplicemente perché è un’energia aleatoria e si fa molta fatica a immagazzinarla) sta diventando sempre più “consumata” dal pubblico.

Dal grafico sopra vediamo che andando avanti con il tempo che l’umanità sta spostando l’utilizzo di energia da fonti fossili all’utilizzo di energia elettrica. Per esempio è sempre più comune avere un fornello elettrico o a induzione che permette di riscaldare senza dover bruciare materiale.

Il mercato delle fonti rinnovabili

Vediamo dal grafico una forte crescita del settore rinnovabile a livello di produzione di potenza mentre notiamo una certa stabilità nella produzione di energia da fonti fossili.

Il grafico sopra fa vedere chi e dove investe in energie rinnovabili:
      –     il settore pubblico investe solo per il 21% mentre il privato per il 79%

  • la maggior parte degli investimenti sono utilizzati nella parte asiatica del mondo (42%)
  • infine vediamo che il 47% dei soldi è diretta in fotovoltaico.

Inoltre il fabbisogno energetico mondiale sta aumentando e l’unica risorsa energetica che è possibile considerare infinita è l’energia solare. 

Rimangono però due grossi problemi dal punto di vista energetico: il settore della generazione del calore e quello dei trasporti che esulano anche se solo in parte alla transizione energetica elettrica.

Conclusioni 

La transizione energetica elettrica sta avvenendo ma sarà molto lenta dato che il sistema energetico ha un’inezia economica enorme e il cambiamento sarà molto lento.

Ma la fase degli idrocarburi sta finendo e l’unica risposta è il comparto dell’eolico e del fotovoltaico.

Ma la chiave è la presa do coscienza dell’economicità del solare e del fatto che non è possibile sostenere le altre fonti di energia.

Anche per oggi è tutto, questo articolo come gli altri della serie Elettrotecnica sono letteralmente appunti presi a lezione e un po’ riadattati.

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Le basi del CAD: Le quote e le misure

Entriamo ora nel vivo del discorso “disegno tecnico” con le quote.
L’obbiettivo è quello di far capire e costruire una componente a chiunque guardi il disegno della stessa, ma come?
Utilizzando le quote!!!, Ovvero quella parte del disegno che mi indica la misura (angolo, circonferenza, lunghezza ecc) di ogni parte del pezzo.
Norme di riferimento (UNI 4820, ISO 129-1) Purtroppo anche qui sono a pagamento.

Esempio di disegno con le quote
Esempio di disegno con quote

Come vediamo in questo disegno le quote all’interno di un disegno tecnico possono essere moltissime e soprattutto di diversi tipi.
Ma partiamo con calma.

Come sono fatte le quote

Le quote appunto sono delle linee e delle scritte che indicano una grandezza di un pezzo.
Sono principalmente formate da 4 componenti

Come sono fatte le quote
Le componenti della quota
  • Le linee di riferimento: Servono a far capire che grandezza stiamo prendendo in considerazione sul pezzo. Praticamente ci fanno capire dove prendere la misura per controllare poi.
  • La designazione: ovvero quella parte della quota che ci fa capire che quota è. Sembra una componente un po’ banale, ma in realtà è importantissima, specialmente per il fatto che ci troviamo in 2 dimensioni. Infatti sulla carta un rettangolo e un cilindro visti di lato appaiono uguali.
  • La linea di misura: è la linea su cui poi si va a scrivere la misura; composta da una linea spessa sormontata da 2 frecce.
  • Il valore numerico.

Metodo di quotatura

La posizione delle quote non è univoca e al variare della loro posizione varia anche il loro significato. Il metodo di quotatura è rilevante specificatamente per quanto riguarda la somma degli errori. Rubando un paio di slide al prof andiamo a vedere cosa cambia.

Principio di quotatura generale

Per quotare in maniera adeguata bisogna tenere a mente non solo la validità delle quote ma anche i procedimenti tecnologici per ottenere il pezzo. Infatti i punti da tenere in considerazione sono:

  • Variabilità nei processi di fabbricazione
  • Funzionalità del componente nell’assieme
  • Tecnologia di produzione

Variabilità nei processi di fabbricazione

Ogni volta che progettiamo un pezzo dobbiamo tenere in considerazione il fatto che la “misura esatta” non esiste, ma esiste un intervallo di variazione della stessa misura.
Al nostro fine quindi dobbiamo tenere in considerazione un “intervallo di misure valide”
Ovviamente la conseguenza di questo è il fatto che al diminuire delle misura accettabili abbiamo un aumento del costo di produzione e soprattutto del costo dei controlli sulla produzione.

  • Le quote devono essere necessarie e sufficienti, ovvero non ci devono essere quote ripetute e non devono mancare quote.
  • Le quote devono essere disposte in modo da poter essere lette allo stesso modo indipendentemente dall’orientamento del foglio.
  • Le quote indicano sempre il valore nominale del pezzo e dove necessario indicare il margine di tolleranza (le tolleranze le vedremo poi)
  • Le quote indicano il valore nominale INDIPENDENTEMENTE dalla scala del disegno
  • Vanno posizionate sulla vista che meglio rappresenta la grandezza che stiamo valutando, in particolare per le cave e i fori
  • é cosa molto gradita non far intersecare le linee di riferimento per quanto possibile
  • Se possibile fare in modo che le quote siano posizionate fuori dal disegno
  • In una semi-vista in sezione è cosa buona e giusta separare le quote interne a quelle esterne
come mettere le quote su una semisezione
Quote su una semisezione
Tabella delle simbologie per le quote di geometrie note
Tabella delle simbologie per le quote di geometrie note
  • Le notazioni di diametro e di raggio vanno sempre rappresentate con la simbologia adeguata (vedi tabella sopra)
  • Dei raccordi si quota sempre il raggio.
  • Non si quota sugli angoli nascosti, piuttosto si fa una sezione locale
  • In caso di quota su degli smussi/ raccordi, si prolunga con una linea fine fini allo spigolo precedente alla lavorazione di raccordo/smusso
Quota di uno spigolo smussato
Esempio di notazione su uno spigolo smussato

Tecnologie di fabbricazione

L’altro aspetto da considerare è: “come lo produco questo pezzo?”
Questo aspetto è talmente importante che spesso ai disegni viene allegato un documento detto “ciclo di lavorazione” dove sono segnati tutti i singoli passaggi per ottenere un pezzo e gli strumenti necessari per ottenerlo.

Esempio di ciclo di lavorazione

Ogni feature funzionale è caratterizzata da 2 quote, ovvero quelle di posizione e quelle di grandezza. Nessuna delle 2 può essere omessa altrimenti il pezzo diventa impossibile da costruire.

le Quote di grandezza e posizione

Conclusione

Da quanto detto è chiaro che la collocazione delle quote sul disegno esecutivo di un
particolare dipenderà dall’intento del progettista (design intent) e sarà effettuata secondo
la seguente procedura:

  • Si individuano i riferimenti ideali iniziali che sono in relazione con caratteristiche certe
    del pezzo (assi, superfici sfacciate, gole, ecc.). Rispetto a tali riferimenti si definiranno
    le quote di posizione.
  • Si cominciano ad indicare le quote funzionali, ovvero le quote di grandezza e posizione
    relative ad accoppiamenti sulle quali il progettista vuole aver il più stretto controllo
    dimensionale e geometrico, specificando, se necessario, opportune tolleranze dimensionali.
  • Esauriti gli accoppiamenti, il progettista procederà ad assegnare tutte le notazioni non
    funzionali ovvero dimensioni non relative ad accoppiamenti, ma necessarie a definire
    completamente la forma di ogni parte coerentemente con il ciclo tecnologico ipotizzato
    dal progettista (es. fori asolati, quote relative all’ingombro spaziale del pezzo, ecc.)
  • Infine, ove ritenuto utile per chiarezza comunicativa (es. ingombri di assieme, ampiezza
    di escursione leveraggi e cinematismi, ecc.), è possibile indicare quote ausiliarie fra
    parentesi tonde.

E anche per oggi è tutto. Per gli altri articoli della serie clicca qui. Per le novità invece pigia qui.

Il PET e il PET-G; dalla bottiglietta al filamento

Elemento ripetitivo della catena del PET

Nell’affascinante mondo della stampa 3D, i materiali plastici giocano un ruolo cruciale nel determinare la qualità e la versatilità delle creazioni. Due dei materiali più utilizzati sono il PET (Polietilene Tereftalato) e il PET-G (Polietilene Tereftalato Glicol-modificato). Questi polimeri, derivati dalla comune plastica delle bottigliette, hanno trovato un nuovo impiego come filamenti per la stampa 3D, offrendo proprietà uniche e vantaggi specifici. In questo articolo esploreremo la produzione, le proprietà e le differenze tra i due, nonché i loro vantaggi e svantaggi.

Materiali per la Stampa 3D: I PET

Il PET è uno dei materiali plastici più comuni al mondo, ampiamente utilizzato per la produzione di bottiglie e contenitori alimentari grazie alla sua trasparenza, resistenza e stabilità chimica. In ambito di stampa 3D, questo materiale ha trovato applicazione come filamento grazie alla sua buona adesione, resistenza e possibilità di riciclo.

Il PET-G è una variante del PET che include l’aggiunta di glicole, migliorando alcune proprietà come la flessibilità e la resistenza agli urti. Questo lo rende un materiale ancora più versatile per la stampa 3D, mantenendo molti dei benefici del primo ma con alcune caratteristiche migliorate.

Produzione: La Chimica e le Differenze

Produzione

Il PET è prodotto attraverso una reazione di polimerizzazione a condensazione tra l’acido tereftalico e il glicole etilenico. Questa reazione produce lunghe catene polimeriche di PET che possono essere ulteriormente lavorate in vari formati, inclusi i filamenti per la stampa 3D.

Reazione di produzione del PET e del PET-G
In alto a sinistra acido tereftalico, a destra il glicole etilenico, in basso la catena di PET

Il PET-G è prodotto in maniera simile alla sua matrice, ma con l’aggiunta di glicole durante il processo di polimerizzazione. Il glicole modifica la struttura del polimero, rendendolo meno cristallino e quindi più flessibile e resistente agli urti. Questo conferisce al PET-G una maggiore facilità di lavorazione e una migliore resistenza alle crepe rispetto al Polietilene Tereftalato.

Differenze

La principale differenza tra i due risiede nella loro struttura chimica e nelle proprietà che ne derivano. Il primo è più rigido e fragile, mentre il secondo, grazie all’aggiunta di glicole, è più flessibile e resistente agli urti. Questo rende il “glicol-modificato” più adatto per applicazioni che richiedono una maggiore durabilità e resistenza meccanica.

Proprietà Meccaniche e Termiche

Proprietà del PET

Il PET è noto per la sua eccellente resistenza alla trazione, con valori tipici che si aggirano intorno ai 55-75 MPa. È anche abbastanza rigido, con un modulo di Young di circa 2.7-3.5 GPa. Termicamente ha una temperatura di fusione di circa 250-260°C e una temperatura di transizione vetrosa di circa 70-80°C (questa temperatura è quella in cui il materiale inizia a diventare mollino). Una delle sue caratteristiche più interessanti è la possibilità di essere riciclato facilmente, il che lo rende un materiale ecologicamente vantaggioso.
Inoltre entrambi i materiali sono adatti al contatto alimentare.

Proprietà del PET-G

Il PET-G, grazie all’aggiunta di glicole, presenta una maggiore flessibilità e resistenza agli urti rispetto al suo pari. La resistenza alla trazione è leggermente inferiore rispetto al suo compagno, intorno ai 50-60 MPa, ma la sua flessibilità lo rende meno soggetto a fratture. Il modulo di Young è intorno ai 2.0-2.5 GPa. La temperatura di fusione è leggermente più bassa, intorno ai 220-240°C, mentre la temperatura di transizione vetrosa è simile a quella del Polietilene Tereftalato. Un aspetto significativo è la sua biodegradabilità migliorata rispetto alla plastica delle bottigliette, rendendolo un’opzione un po’ più sostenibile per la stampa 3D.

Come Ricavare il Filamento dalle Bottigliette di Plastica in Casa

Simbolo del PET per il riciclaggio
Simbolo da cercare sulle bottiglie

La possibilità di riciclare le bottiglie di plastica in filamento per la stampa 3D è un processo entusiasmante che promuove la sostenibilità. Ecco una breve guida su come farlo:

  1. Raccolta e Pulizia: Raccogliere le bottiglie di plastica con il simbolo sopra e pulirle accuratamente per rimuovere etichette e residui.
  2. Taglio: Tagliare le bottiglie in piccoli pezzi o strisce per facilitare la successiva fusione.
  3. Fusione: Utilizzare un estrusore di filamento per fondere i pezzi di plastica. L’estrusore riscalda l’impasto fino alla sua temperatura di fusione, permettendo di formare un filamento continuo.
  4. Avvolgimento: Il filamento ottenuto viene poi avvolto su una bobina, pronto per essere utilizzato nella stampa 3D.

Questo processo richiede attrezzature specifiche, come un estrusore di filamento, e una certa attenzione per garantire la qualità e la consistenza del filamento prodotto.
Una cosa che sembra stupida ma non lo è: La velocità di avvolgimento della bobina è fondamentale per fare in modo che il filamento sia abbastanza coerente in termini dimensionali. Inoltre

Vantaggi e Svantaggi

Vantaggi del PET

  1. Riciclabilità: Può essere riciclato efficacemente, riducendo l’impatto ambientale.
  2. Resistenza Meccanica: Ha una buona resistenza alla trazione e rigidità.
  3. Trasparenza: È altamente trasparente, rendendolo ideale per applicazioni estetiche.

Svantaggi del PET

  1. Fragilità: È più rigido e fragile rispetto al PET-G, rendendolo meno adatto per applicazioni che richiedono resistenza agli urti.
  2. Difficoltà di Stampa: Richiede una temperatura di stampa elevata e una buona adesione al letto di stampa per evitare deformazioni.

Vantaggi del PET-G

  1. Flessibilità e Resistenza agli Urti: È più flessibile e resistente agli urti rispetto al primo
  2. Facilità di Stampa: Ha una temperatura di fusione più bassa e una migliore adesione al letto di stampa.
  3. Biodegradabilità Migliorata: Ha una biodegradabilità migliorata rispetto al primo, rendendolo più eco-sostenibile.

Svantaggi del PET-G

  1. Costo: Generalmente è più costoso.
  2. Assorbimento dell’Umidità: È più suscettibile all’assorbimento dell’umidità, il che può influire sulla qualità di stampa.

Conclusione

Il Polietilene Tereftalato e il Polietilene Tereftalato glicol-modificato sono due materiali straordinari nel campo della stampa 3D, ciascuno con le proprie caratteristiche uniche. Mentre il PET offre una soluzione sostenibile grazie alla sua riciclabilità, il PET-G migliora su molte proprietà del primo, rendendolo più versatile e resistente con un occhio alla possibilità di degradazione. Con una comprensione approfondita delle loro proprietà e differenze, è possibile scegliere il materiale più adatto alle proprie esigenze di stampa 3D, contribuendo al contempo a un utilizzo più responsabile e sostenibile delle risorse plastiche.

E anche per oggi é tutto. Seguiranno altri articoli sugli altri materiali stampabili in 3D e se vuoi leggerli li troverai in questa pagina. Per le novità invece clicca qui. E al prossimo articolo!!!

Creality K1C: La Nuova Frontiera della Stampa 3D Multimateriale

Creality K1C
Creality K1C

Creality ha lanciato la K1C, una stampante 3D che promette di rivoluzionare il mercato grazie alla sua capacità di gestire materiali ad alta resistenza come la fibra di carbonio. La K1C si distingue per una serie di caratteristiche avanzate che migliorano sia la qualità della stampa che la facilità d’uso, rendendola una scelta interessante sia per i professionisti che per gli appassionati di stampa 3D.
Vedremo poi che il dato che spicca è uno solo: la velocità!!

Caratteristiche Tecniche della Creality k1c

Compatibilità dei Materiali La K1C è progettata per essere altamente compatibile con un’ampia gamma di filamenti, inclusi PLA, PETG, ABS, PA, ASA, PC, TPU e, soprattutto, filamenti rinforzati con fibra di carbonio come PLA-CF, PA-CF e PET-CF​. Questo è reso possibile grazie all’estrusore interamente in metallo e alla “unicorn nozzle” tri-metallo, che garantiscono precisione e resistenza alle alte temperature, essenziali per la lavorazione di materiali abrasivi.



Nozzle Intercambiabili Una delle caratteristiche più interessanti è proprio il nozzle. Questo è composto di 3 metalli diversi appunto per resistere ai materiali più complessi da stampare e gestire al meglio il calore.
La guida all’interno poi è rinforzata e permette di evitare i coaguli e gli intasamenti. Inoltre grazie alla guida esattamente sopra il nozzle è una stampante 3d ad estrusione diretta. Quest’ultima caratteristica aiuta la stampa di filamenti elastici come il TPU.

Creality K1C
Sistema di guida Creality K1C

Velocità di Stampa Una delle caratteristiche più impressionanti della K1C è la sua velocità di stampa. Può raggiungere fino a 600 mm/s, con un’accelerazione massima di 20000 mm/s², permettendo di completare stampe complesse in tempi ridotti senza compromettere la qualità​ (TechRadar)​​.

Sistemi di Raffreddamento e Stampa di Alta Qualità La K1C introduce un sistema di raffreddamento rinnovato con ventole dinamicamente bilanciate, che riducono il rischio di stringing e warping, migliorando la qualità delle stampe​ (TechRadar)​. Inoltre, il volume di stampa chiuso stabilizza l’ambiente di stampa, essenziale per materiali sensibili alla temperatura come l’ABS​​.

Funzionalità smart

AI Camera e Monitoraggio Remoto La K1C è dotata di una AI camera che permette il monitoraggio in tempo reale delle stampe, la registrazione di timelapse e la rilevazione di errori, come la presenza di oggetti estranei o il fallimento della stampa​. Questa funzione è particolarmente utile per chi desidera mantenere il controllo sulle stampe anche a distanza.

Interfaccia Touchscreen Migliorata L’interfaccia touchscreen a colori da 11 cm è stata migliorata per essere più intuitiva e reattiva, consentendo regolazioni in tempo reale durante il processo di stampa​.

Facilità d’Uso e Configurazione Plug-and-Play La K1C arriva pre-assemblata e pre-calibrata, rendendo l’avvio quasi immediato; tanto che la casa madre promette un plug and play lungo soli 3 minuti. Le funzionalità di auto-calibrazione e livellamento automatico del letto riducono ulteriormente i tempi di setup, rendendo la macchina adatta anche ai principianti​​​​.

Considerazioni Finali

La Creality K1C si presenta come una delle migliori opzioni sul mercato per chi necessita di una stampante 3D veloce, precisa e capace di gestire materiali avanzati. Le sue numerose funzionalità intelligenti e la robustezza costruttiva ne fanno una scelta eccellente per professionisti e maker esperti che desiderano espandere le loro capacità di stampa.
Inoltre il rapporto qualità prezzo sembra ottimo: circa 500 euro per portarti a casa una macchina semiprofessionale, precisa e con camera chiusa.

Per ulteriori dettagli tecnici e per acquistare la Creality K1C, potete visitare il sito ufficiale di Creality (origine delle immagini)

Fonti:
https://the3dprinterbee.com/creality-k1c-review/
https://latestintech.com/creality-k1c-review/
https://manufactur3dmag.com/creality-k1c-carbon-fiber-3d-printer-review/
https://www.techradar.com/pro/creality-k1c-review

E anche per oggi è tutto. Ogni tanto faccio una ricerchina sulle nuove uscite (quando le vedo tra le notizie hehe). Per vedere altri articoli pigia qui. Se invece ti interessa il mondo della stampa 3d e vuoi leggere altri miei articoli pigia qui.

Il PLA (Acido Polilattico), il filamento fatto di “latte alle ginocchia”

Nel mondo della stampa 3D, uno dei materiali più popolari e largamente utilizzati è l’Acido Polilattico, comunemente noto come PLA. Questo polimero termoplastico si è guadagnato una grande fiducia e affetto da parte dei maker grazie alla sua facilità di utilizzo e alla sua eco-sostenibilità. Ma cos’è esattamente il PLA, come viene prodotto e quali sono le sue caratteristiche principali? In questo articolo esploreremo nel dettaglio questo materiale, soffermandoci sui suoi vantaggi e svantaggi.

Introduzione al PLA come Materiale per le Stampanti 3D

Il PLA è un polimero derivato da risorse rinnovabili come l’amido di mais, la canna da zucchero e altre biomasse. Questa caratteristica lo rende particolarmente attraente in un’epoca in cui la sostenibilità e la riduzione dell’impatto ambientale sono diventati fattori cruciali per molte industrie. Nella stampa 3D, il PLA è apprezzato per la sua bassa temperatura di estrusione, che lo rende ideale per i principianti e per chi utilizza stampanti 3D da scrivania.

La facilità con cui il PLA può essere stampato, la sua gamma di colori e finiture, e la sua capacità di produrre dettagli fini senza richiedere un letto riscaldato lo rendono un materiale versatile. Tuttavia, per comprendere appieno il PLA, è importante esplorare come viene prodotto e quali sono le sue proprietà chimiche e fisiche.

Come Viene Prodotto il PLA

Il PLA è un polimero e come tale sappiamo che è fatto da una catena di monomeri. Questi monomeri sono prodotti attraverso un processo di fermentazione. Innanzitutto, le materie prime vegetali, come l’amido di mais, vengono convertite in zuccheri fermentabili. Questi zuccheri vengono poi fermentati da specifici batteri per produrre acido lattico.
(Tecnicismi qui)
Un alto modo è quello di partire dal lattide, un monomero ciclico. Aprire il ciclo con l’ottonato di stagno (un catalizzatore) e ottenere così già una catena di 2 acidi lattici .

I due monomeri di partenza per produrre poi il PLA
In alto a sinistra una molecola di acido lattico, in alto a destra la molecola di lattide. In basso la catena di PLA

L’acido lattico ottenuto o il lattide aperto vengono successivamente polimerizzati attraverso un processo chimico che può avvenire tramite condensazione o polimerizzazione a catena, formando così lunghe catene di PLA.

Esempio di polimerizzazione per condensazione. Stesso procedimento usato per condensare il PLA

La Chimica Dietro la Produzione e la Biodegradabilità

Chimicamente, il PLA è un “poliestere alifatico” composto da monomeri di acido lattico. Questo polimero può essere prodotto in diverse configurazioni stereochimiche, che influenzano le sue proprietà fisiche e meccaniche. La biodegradabilità del PLA è una delle sue caratteristiche più importanti. In condizioni ambientali specifiche, come l’esposizione a temperatura e umidità elevate, il PLA può degradarsi in acido lattico, che può essere ulteriormente metabolizzato da microorganismi presenti nell’ambiente. Questo processo rende il PLA un materiale compostabile industrialmente, anche se la compostabilità domestica può essere meno efficace.

Proprietà Meccaniche e Termiche del PLA

Il PLA presenta una serie di proprietà meccaniche e termiche che lo rendono ideale per molte applicazioni di stampa 3D. Ha una buona resistenza alla trazione, con valori tipici di circa 300 kg/cm2 (sia chiaro, materiale fuso intero e non stampato), e una rigidità significativa con un modulo di Young di circa 3.5 GPa. Tuttavia, il limite principali del PLA è la sua fragilità specialmente in condizioni di umidità: come abbiamo visto nella sezione di produzione appunto il PLA viene polimerizzato condensando acqua. Se questa viene riassorbita dall’ambiente il materiale passerà da malleabile a fragile.

Ognuno di noi ha sperimentato questo quando si controlla che il filamento sia ancora buono.
Infatti per esperienza si sa che, piegando il filamento, se si spezza va messo in essiccatoio.

Dal punto di vista termico, il PLA ha una temperatura di fusione relativamente bassa, che varia tra i 160°C e i 210°C. Ma come tutti sappiamo in realtà il PLA inizia a diventare “molle” attorno ai 60-70°C. Questo significa che gli oggetti stampati in PLA possono deformarsi se esposti a temperature elevate, come quelle all’interno di un’auto parcheggiata al sole durante l’estate.

Nota sulla Compostabilità

La compostabilità del PLA è una caratteristica fondamentale che contribuisce alla sua eco-sostenibilità. In un ambiente di compostaggio industriale, dove le condizioni sono controllate per ottimizzare la biodegradazione, il PLA può decomporsi in acqua e anidride carbonica entro alcuni mesi. Tuttavia, è importante notare che la compostabilità del PLA non è garantita nelle condizioni di compostaggio domestico, dove le temperature e l’umidità potrebbero non essere sufficienti a promuovere una degradazione efficace.

Vantaggi e Svantaggi del PLA

Vantaggi

  1. Eco-sostenibilità: è derivato da risorse rinnovabili e può essere compostato in ambienti industriali, riducendo così l’impatto ambientale.
  2. Facilità di Stampa: Con una bassa temperatura di estrusione e una bassa tendenza a deformarsi è facile da usare anche per i principianti.
  3. Gamma di Applicazioni: Disponibile in una varietà di colori e finiture: è ideale per prototipazione rapida, modelli estetici e oggetti decorativi.
  4. Bassa Emissione di Fumi: Rispetto ad altri materiali, emette meno fumi durante la stampa, rendendolo più sicuro da utilizzare in ambienti chiusi.

Svantaggi

  1. Fragilità: è meno resistente agli urti rispetto ad altri polimeri come l’ABS, limitandone l’uso in applicazioni che richiedono durabilità.
  2. Sensibilità al Calore: Con una bassa temperatura di transizione vetrosa, gli oggetti stampati possono deformarsi se esposti a calore elevato.
  3. Compostabilità Limitata: La biodegradabilità richiede condizioni specifiche che non sono facilmente replicabili a livello domestico, limitando la sua eco-sostenibilità pratica.

Conclusione

L’Acido Polilattico rappresenta una delle soluzioni più promettenti e versatili nel campo della stampa 3D grazie alle sue proprietà eco-sostenibili, alla facilità di utilizzo e alle buone caratteristiche meccaniche e termiche. Tuttavia, come tutti i materiali, presenta anche dei limiti che devono essere considerati in base alle specifiche esigenze dell’applicazione. In un’era in cui la sostenibilità è fondamentale, il PLA continua a essere un materiale di punta, ma è essenziale utilizzare e smaltire correttamente questo materiale per massimizzare i suoi benefici ambientali.

E anche per oggi é tutto. Seguiranno altri articoli sugli altri materiali stampabili in 3D e se vuoi leggerli li troverai in questa pagina. Per le novità invece clicca qui. E al prossimo articolo!!!

La corrosione in ambiente e gli ambienti corrosivi

Esempio di corrosione in ambiente acqua marina
Esempio di corrosione in ambiente acqua marina

Come abbiamo detto nei capitoli precedenti la corrosione è strettamente legata ai fattori ambientali, infatti senza l’ambiente verrebbe a mancare il conduttore di seconda specie (la soluzione elettrolita) tra i due metalli e non ci sarebbe corrosione affatto. Gli ambienti nella realtà sono infiniti e infinitamente vari, qui vedremo le difficoltà generali di alcuni ambienti molto specifici, in particolare:

  • Aria (fattori importanti: umidità, sali disciolti, piogge acide)
  • Acqua dolce (fattori importanti: durezza, turbolenza, sali disciolti)
  • Acqua salata (fattori importanti: salinità, profondità )
  • Terreno (Fattori importanti: Umidità, conducibilità, porosità, linee di terra)
  • Calcestruzzo (fattori importanti: acqua residua, porosità, chimica del CLS)
  • Alta temperatura (fattori importanti: unico caso di corrosione a secco)

Come vediamo quasi in tutti i casi il problema è sempre l’areazione differenziale tra una parte e l’altra del pezzo ed è una cosa che molto spesso non è possibile correggere se non in sede di progetto scegliendo un materiale o un insieme di materiali adeguati a quella situazione

Corrosione in ambiente aria

In aria i fattori da tenere in considerazione sono innumerevoli, ma principalmente sono tutti dipendenti dall’umidità relativa dell’aria.
La composizione dell’aria è circa 21% ossigeno, 78% azoto e, i valori che ci interessano, dallo 0 al 5 % di vapore e 390-500 PPM di Anidride carbonica.
Il vapore dipende molto dalle condizioni atmosferiche e dalla zona (zone desertiche molto secche, zone tropicali molto umide).

Corrosione per umidità

Per i nostri scopi esiste un parametro Tau, detto anche “tempo bagnato” che ci aiuta a capire quanto tempo la nostra struttura passerà toccata dell’acqua.
Questo è il periodo di tempo in un anno in cui circa la cella galvanica è attiva e ci permette quindi di calcolare la corrosione. Facciamo un esempio
Mettiamo che tramite le equazioni di Nernst otteniamo che la superficie viene corrosa ad una velocità di 0,004 mm all’anno. Ma sappiamo che il pezzo sarà esposto all’umidità per 2500 ore all’anno (ossia il 30% del tempo), allora la velocità di corrosione sarà il 30% della velocità calcolata con Nernst.
C’è un altro fattore importante, ovvero la presenza di sali igroscopici, ovvero sali che accumulano acqua che quindi peggiorano la situazioni.
Un fattore che influenza è l’esposizione al sole (asciuga molto più velocemente) e il colore (capacità di assorbire il calore).

Altri agenti

Altri agenti sono sicuramente l’ossigeno (lo spessore dell’elettrolita potrebbe portare ad una corrosione localizzata simile alla corrosione sotto le gocce), l’anidride carbonica presente nell’aria data la sua propensione a creare dei carbonai metallici (come i carbonai di zinco o di rame). Inoltre se combinato all’acqua la rende più acida cambiando le condizioni di cella e risalendo il diagramma di Poisson. Meccanismo simile vale per i solfuri, i solfati e gli acidi solforici.

Un piccolo aneddoto aggiuntivo per quanto riguarda gli escrementi di volatili e gli acidi contenuti all’interno. Questo fattore accelera o modifica la corrosione creando un ambiente acido e ricco di ioni OH-.

Forme di corrosione in atmosfera

In aria abbiamo tutta la varietà di forme di corrosione. Si parte dalla più comune corrosione generalizzata per i metalli esposti, alla corrosione localizzata dei materiali con superfici protette.

Corrosione in ambiente acqua dolce

L’acqua dolce o in generale l’acqua non è un conduttore, ma i sali disciolti al suo interno lo fanno diventa il perfetto conduttore di seconda specie tra i 2 metalli.
Inoltre le possibili incrostazioni causate da calcare o altri sali disciolti aiutano a creare delle microcelle galvaniche a concentrazione.
In acqua le caratteristiche che influenzano la corrosione sono alcalinità (presenza di sali alcalini o di calcare), durezza, ovvero il contenuto di ioni di calcio e magnesio che concorrono alla formazione di calcare.
L’acidità rappresentata dalla percentuale di anidride carbonica disciolta in acqua e infine il potere incrostante dell’acqua (appunto formazione di celle galvaniche a concentrazione)

In realtà il potere incrostante non per forza è un male, infatti se la “crosta” è uniforme e compatta questa funge da film protettivo del metallo.
Il potere incrostante si calcola risolvendo dei sistemi a equilibri multipli.


Possiamo valutare il potere incrostante di un’acqua tramite alcuni indici teorici in funzione al pH di saturazione che si calcola in questo modo

Altri fattori importanti da considerare sono la conducibilità (sempre relativa alla quantità di ioni disciolti e dal tipo di ioni disciolti), l’ossigeno disciolto e la componente biologica che con i suoi scarti o tramite le attività vitali stesse possono andare a corrodere il materiale.

Corrosione in ambiente acqua marina

In acqua marina abbiamo gli stessi problemi dell’acqua dolce, inoltre abbiamo degli aspetti peggiorativi come la presenza di ioni di cloro, correnti marine e sabbia/ particolato abrasivo in sospensioni. Inoltre c’è un gradiente di potenziale, salinità e concentrazione di ossigeno al variare della profondità.
Inoltre la presenza di ini di sodio e modificano la scala dei potenziali di riduzione nobilitando alcuni metalli (come il titanio) e de-nobilitando altri come l’oro.

L’acqua di mare tendenzialmente aumenta la velocità di corrosione dato che si tratta di un liquido elettrolita, in moto, ricco di particolato, con altezza variabile e popolato da batteri e alghe.

Corrosione in ambiente terreno

Il terreno è un ambiente molto variabile da sito a sito, tendenzialmente il fattore più importante è la porosità. Questa permette il passaggio dell’aria e dell’acqua e varia quindi le condizioni. Queste caratteristiche sono quindi dettate dalla granulometria dei terreni oltre ad altri fattori ambientali. Altro fattore importante è la presenza dell’uomo: scaricando le linee di terra appunto a terra creiamo un potenziale locale che permette di agevolare i processi di corrosione.
Inoltre nel terreno c’è una forte presenza di sali che in presenza di acqua si disciolgono e vanno a variare pH e condizioni del conduttore elettrolitico (acqua). Tendezialmente si trattano di sali di cloro, zolfo e carbonati. I primi riducono il campo di passività mentre i secondi possono aiutare la passivazione. Questi fanno tendere il pH dei terreni tra il 5 e l’8, quindi terreni tendenzialmente acidi o neutri.
Inoltre in terra c’è molta attività biologica e gli scarti di quest’ultima aiuta la produzioni di ioni solfati e solfiti.
La condizione ideale è quella di un terreno areato, con granulometria grossa e in assenza di sali. In caso di presenza di carbonati c’è la possibilità di una precipitazione dei carbonati sul metallo creando quindi dei sistemi di corrosione e locale.

Dato che il terreno spesso è disomogeneo e può variare la sua granulometria e la sua composizione a distanza di pochi metri, uno dei problemi può essere la cella ad areazione differenziata, ovvero lo stesso tubo che attraversa un terreno misto si comporta:

  • in maniera catodica nella sezione a porosità maggiore
  • in maniera catodica nella sezione più compatta

Corrosione in ambiente biologico

Per ambiente biologico si intendono gli ambienti che hanno a che fare con il corpo umano. Si prendono in considerazione quindi tutti quei metalli chirurgici che o rimangono a contatto con il corpo per un tempo limitato o vengono impiantati in maniera permanente come per esempio viti per ossa, protesi dell’anca o del ginocchio eccetera.
In ambiente biologico abbiamo 2 tipi di macroambienti: extra corpore (ovvero tutte le strumentazioni che hanno un contatto con il corpo limitato) o in corpore (tendenzialmente rotesi o sistemi meccanici permaneti).

Corrosine in ambiente biologico extra corpore
Esempio di corrosione in ambiente biologico extra corpore

Per i metalli extra corpore l’ambiente riserva loro la presenza di detergenti, farmaci e disinfettanti tipicamente composti da cloruri o soluzioni ossigenate entrambe deleterie per quanto riguarda la corrosione. Il materiale tipicamente usato è il famoso “acciaio chirurgico”, ovvero un acciaio ad altissimo contenuto di cromo e con un basso tenore di carbonio. Questo è l’acciaio utilizzato anche per i piercing di media qualità ad esempio.
In caso di problemi dati da corrosione generalizzata è possibile inserire in microlegato del molibdeno per ottimizzare le prestazioni del film passivante del cromo.

corrosione in ambiente biologico in corpore
Esempio di corrosione in ambiente biologico in corpore


Per i metalli in corpore invece deve affrontare l’interno del nostro corpo, ricco di ioni cloro, ossigeno, ma soprattuto estremamente conduttivo (è come essere in acqua salata a livello di conducibilità).
In ambiente biologico la morfologia più comune è quindi la corrosione galvanica e la corrosione assistita (sforzo o fatica).

Corrosione in ambiente calcestruzzo

La corrosione all’interno del calcestruzzo è un fenomeno particolarmente complesso a causa delle caratteristiche specifiche di questo materiale. Il calcestruzzo è per sua natura poroso e può contenere acqua residua e vari agenti chimici che influenzano il processo corrosivo. Uno dei principali problemi è la carbonatazione, un processo in cui l’anidride carbonica penetra nel calcestruzzo e reagisce con l’idrossido di calcio presente, abbassando il pH dell’ambiente e compromettendo lo strato passivante che protegge l’acciaio dall’ossidazione.

Un altro fattore critico è la penetrazione di cloruri, spesso presenti nei sali antighiaccio o nell’ambiente marino, che può causare corrosione pitting localizzata dell’armatura in acciaio. La presenza di microfessure nel calcestruzzo può ulteriormente accelerare questi processi permettendo un più facile accesso degli agenti corrosivi all’interno. La combinazione di questi fattori può portare a una significativa riduzione della durata della struttura in calcestruzzo armato, rendendo essenziale un’attenta progettazione e manutenzione per mitigare i rischi di corrosione.

Corrosione in ambiente ad alta temperatura

La corrosione ad alta temperatura rappresenta un caso unico di corrosione a secco, dove il principale agente corrosivo è l’ossigeno presente nell’aria. Questo tipo di corrosione è rilevante in ambienti industriali dove i metalli sono esposti a temperature elevate, come nei forni, nei motori e negli impianti di produzione di energia. A queste temperature, gli ossidi metallici formati possono non fornire un’adeguata protezione passivante, come avviene a temperature più basse. Ad esempio, l’ossidazione del ferro a temperature elevate può portare alla formazione di ossidi che si distaccano facilmente dalla superficie, esponendo continuamente il metallo nudo all’ossigeno e accelerando il processo corrosivo.

Alcuni metalli e leghe, come l’acciaio inossidabile e le superleghe a base di nichel, sono progettati per formare strati di ossidi protettivi stabili che possono rallentare il processo di ossidazione. Tuttavia, la presenza di gas corrosivi come zolfo e cloro a temperature elevate può complicare ulteriormente il quadro, poiché questi possono formare composti con i metalli che accelerano la corrosione. Pertanto, la selezione dei materiali per applicazioni ad alta temperatura deve tenere conto non solo della resistenza meccanica ma anche della capacità di formare strati protettivi stabili in condizioni operative specifiche.

Anche per oggi è tutto. Se volete vedere altri articoli della serie di corrosione cliccate qui. Invece per rimanere aggiornati sulle novità pigia qui!!!

La corrosione: Metodi di protezione

Abbiamo visto fino ad adesso come funziona il processo della corrosione e come si presenta, e la domanda ora è: “come posso fermare questo processo?”. In realtà abbiamo visto che è impossibile annullare la corrosione, ma possiamo limitarne gli effetti prendendo delle precauzioni e utilizzando dei metodi di protezione.

Le 4 componenti della corrosione

Ciclo delle 4 componenti. basta eiminarne uno con dei metodi di protezione per eliminare la corrosione

Abbiamo già visto questo diagramma e abbiamo detto che è sufficiente eliminare anche una sola delle componenti.
La componente che ha più senso “eliminare” è quella che già di suo ha una resistenza maggiore. Questa componente lo chiameremo “passo limitante”

Metodi di protezione

Il conduttore di prima specie nella cella elettrolitica è il cavo che collega anodo e catodo. Questo è il passo più difficile da limitare dato che è generalmente dato dal diretto contatto tra i 2 metalli. Infatti non si agisce mai sul primo passo ma piuttosto si agisce o sull’ambiente o sui due elettrodi. Tendenzialmente ci sono 3 metodi di protezione:

  • modifica dei fattori ambientali
  • modifica della superficie
  • protezione elettrica

Modifica dei fattori ambientali: Il metallo

Il primo passo per proteggere un elemento dalla corrosione è ovviamente la scelta del metallo opportuno per l’ambiente che lo circonda.
La selezione è ovviamente dettata dal budget disponibile e si può o sceglier il materiale o inserire alligazioni nobilitanti o passivanti sullo stesso.
Prima bisogna capire su quale anodo agire:

  • Fissato il processo catodico (quindi lavoro sull’anodo) posso o aumentare il potenziale anodico con alligazione nobilitante o aumentare il sovrapotenziale anodico con una alligazione passivante
  • Fissato il processo anodico invece l’unica cosa che posso fare è aumentare il sovrapotenziale catodico inserendo in lega degli elementi che rallentino lo sviluppo idrogeno o la riduzione ossigeno.
Variazione sul diagramma di Evans per alligazione nobilitante
Variazione sul diagramma di Evans per alligazione nobilitante
Variazione sul diagramma di Evans per alligazione passivante
Variazione sul diagramma di Evans per alligazione passivante in caso di metallo attivo
Variazione sul diagramma di Evans per alligazione passivante
Variazione sul diagramma di Evans per alligazione passivante in caso di metallo passivabile
Variazione sul diagramma di Evans Protezione anodica con alligazione resistiva
Variazione sul diagramma di Evans Protezione anodica con alligazione resistiva

Modifica dei fattori ambientali: l’ambiente

Importanti almeno tanto quanto la scelta del metallo, ci sono i fattori ambientali da tenere in considerazione, in particolare la presenza di speci chimiche dannose, il pH e il tenore di ossigeno.
In generale è possibile controllare solo il tenore di ossigeno lavorando o sulla temperatura o aggiungendo in ambiente speci chimiche che reagiscono con l’ossigeno come il solfito di sodio e l’idrazina,

Inibitori di corrosione

Esistono delle sostanze chimiche che inducono reazioni parallele o competitive alla corrosione (abbiamo visto per esempio il cloro induce reazioni chimiche favorevoli alla corrosione) e si possono classificare in più modi:

  • Per natura chimica
  • Per utilizzo
  • Per condizioni di impiego
  • per meccanismo elettrochimico

Noi li classificheremo in quest’ultimo modo

Classificazione degli inibitori

Metodi di protezione: classificazione degli inibitori
Metodi di protezione: classificazione degli inibitori

Gli inibitori anodici invece si dividono in ossidanti e non ossidanti. Questi ultimi vanno a lavorare sulla curva di attività del metallo facendogli acquisire i comportamenti di un metallo passivato e nel caso questo sia già un metallo passivato, allargano il campo di passività.
Il meccanismo è quello di reagire con l’ambiente e creare superficialmente uno strato “passivato”, alcuni esempi possono essere i carbonati, i borati, i silicati ecc… .

Variazione sul diagramma di Evans di un processo corrosivo con inibitori
Variazione sul diagramma di Evans di un processo corrosivo con inibitori

Di contro ovviamente ci sono gli inibitori ossidanti il cui meccansimo è lo stesso, ma reagiscono con l’ossigeno

Gli inibitori hanno alcune criticità, ovvero per arrivare a “passivare” il metallo li dobbiamo mettere in maniera omogenea e dovremmo assicurarci che la concentrazione sulla superficie sia sufficiente a passivare il metallo; inoltre sarà necessario mantenere la concentrazione di mantenimento nel tempo e tenere conto della vita operativa dell’inibitore. In seguito riportiamo alcuni inibitori tipici.

Tabella di inibitori tipici in vari ambienti per alluminio e acciaio
Tabella di inibitori tipici in vari ambienti per alluminio e acciaio

Metodi di protezione: Modifica della superficie

Un altro metodo per tenere sotto controllo la corrosione è quello di modificare la superfice e il metodo più intuitivo è quello di isolare la superficie dall’ambiente. In questo modo otteniamo un aumento del sovrapotenziale del metallo, ovvero una resistenza del circuito di corrosione.

Per fare questa operazione utilizziamo dei rivestimenti che si dividono nel seguente modo:

Metodi di protezione: rivestimenti isolanti dall'ambiente, la classificazione
Metodi di protezione: rivestimenti isolanti dall’ambiente, la classificazione

Questi rivestimenti li affronteremo uno ad uno, ma prima di applicare un rivestimento è di fondamentale importanza andare a preparare la superficie su cui applicarlo, in particolare pulirla.
Sembrerebbe un problema di poco conto, ma una buona pulizia implica una buona adesione dello strato e una difficolta maggiore nel presentarsi di problemi di corrosione localizzata o sottopelle.

Meccanismi di pulizia

Classificazione dei metodi di pulizia
Classificazione dei metodi di pulizia

Rivestimenti metallici

Gli obbiettivi dei rivestimenti metallici possono essere svariati:
– aumentare la resistenza all’usura,
– aumentare la durezza superficiale
– Migliorare l’estetica dei materiali
– Variare alcune proprietà funzionali come le funzionalià ottiche o elettroniche
– aumentare la resistenza alla corrosione
La divisione tra i rivestimenti metallici è relativa alla nobiltà del materiale rivestito, questo non solo funge da protezione fisica, ma anche da possibile protezione chimica alla corrosione.

Nel caso in cui il rivestimento sia più nobile del metallo abbiamo

  • Corrosione stimolata dal rapporto tra le aree sfavorevole
  • Ostacolata da prodotti di corrosione che sigillano i difetti
  • Ostacolata dalla possibile passività del metallo più nobile

Nel caso contrario invece abbiamo un rapporto tra le aree molto favorevole e il metallo meno nobile funge da anodo sacrificale superficiale. L’esempio più lampante di una applicazione di questo genere sono i famosi tubi zincati o il rivestimento zincato tipico dei tralicci o delle scale anti-incendio.
Notiamo che a seconda della dimensione di un eventuale difetto gli effetti possono cambiare, in particolare potrebbe verificarsi una cella ad areazione differenziata all’interno di una cella elettrolitica.

Metodi per fare rivestimenti metallici

Esistono vari modi per poter rivestire un metallo con un altro metallo. Qui sopra abbiamo appunto una prima classificazione.
Per rivestire i metalli spesso servono delle tecniche per poter depositare un metallo di natura diversa sopra un altro e a volte servono degli strati di transizione da un metallo ad un altro. Vediamo quindi alcuni metodi

Placcatura

Abbiamo tutti visto dei metalli placcati, tipicamente nei gioielli per poter dare una parvenza di oro o argento. Questo metodo può essere effettuato a varie temperature:

  • Se la temperatura è superiore a quella del metallo di rivestimento allora si dice che il metallo è sovrasaldato e come dice la parola si salda il metallo di rivestimento sulla superficie della superficie
  • Se la temperatura invece è inferiore a quella di fusione del metallo di rivestimento otteniamo il rivestimento laminando i due strati uno sopra l’altro.

Spruzzatura

La spruzzatura è un processo in cui delle particelle del rivestimento vengono sparate sulla superficie da rivestire. I metodi di spruzzatura per i metalli implicano la fusione del metallo di rivestimento e il lancio di gocce di questa sostanza fusa.
La particolarità di questo processo è la possibilità di spruzzare anche materiali ceramici, ossidi o nitruri.
Per poter ottenere il metallo fuso lanciato si utilizzano delle tecniche al plasma in cui il plasma svolge le 2 funzioni contemporaneamente.

Pittura ad alto tenore di metallo

Per chi ha lavorato in un’officina meccanica o nel campo della carpenteria metallica questo strumento di protezione è molto noto. Esistono infatti delle vernici che contengono come pigmento del particolato metallico, tipicamente zinco, che svolgono la funzione di protezione catodica. Si utilizza principalmente sulle saldature o sui giunti ed è una soluzione relativamente economica e disponibile a chiunque.

Rivestimento metallico a caldo

Con i metalli bassofondenti come il piombo, lo stagno, l’alluminio (in casi particolari), il cadmio e lo zinco è possibile immergere il pezzo direttamente in un bagno di metallo fuso. Questo comporta una copertura più spessa e uniforme. Ed è l’ultima delle lavorazioni meccaniche

Deposizione fisica di vapori

Questo tipo di deposizioni è fortemente dipendente dalla natura superficiale del substrato per l’ancoraggio.

Elettrodeposizione

Questo metodo è quello che si usa per la cromatura delle parti metalliche e segue i principi della cella elettrochimica visti ad inizio corso di corrosione (qui)

I metalli usati tipicamente per i rivestimenti sono i seguenti e con i seguenti metodi:

MetalloMetodo di rivestimeto
ZincoZincatura a caldo, a freddo e elettrodeposizione
CadmioElettrodeposizione
PiomboImmersione e Elettrodeposizione
StagnoImmersione e elettrodeposizione
AlluminioImmersione
NichelElettrodeposizione, Riduzione chimica da sali e placcatura
Cromo,
Nichel-Cromo
Elettrodeposizione
RameElettrodeposizione
OroElettrodeposizione e placcatura

Metodi di protezione: Strati di conversione

Gli strati di conversione sono un film superficiale formato in situ, ovvero direttamente sul metallo da proteggere, tramite un legame chimico o elettrochimico. Questi possono essere utilizzati come strati anticorrosivi o come fondo per i successivi rivestimenti.

Fosfatazione

Il substrato metallico viene fatto reagire con dell’acido ortofosforico contenente ioni metallici fosfati. Questa reazione sviluppa idrogeno e crea uno strato poroso ottimo per le successive lavorazioni come la verniciatura o i metodi fisici di rivestimento.

Reazione dell'acido ortofosforico per l'acciaio
Reazione dell’acido ortofosforico per l’acciaio

Cromatazioe

Anodizzazione

L’anodizzazione è un procedimento molto attuato, specialmente per l’alluminio.
L’obbiettivo è quello di inspessire lo strato di ossido protettivo tramite cella elettrochimica (andiamo a stimolare la produzione dello strato di passività).
In particolare per il titanio abbiamo anche la possibilità di far “cambiare colore” tramite dei fenomeni di diffrazione dello strato di ossido (lo spessore dell’ossido è direttamente correlato alla frequenza di luce respinta).

Metodi di protezione, l'anodizzazione del titanio
Come il titanio cambia colore a seconda dello strato di ossido

Metodi di protezione: Rivestimenti organici

Ora che abbiamo visto il mondo dei rivestimenti metallici, andiamo a vedere il più economico e accessibile mondo delle protezioni organiche, ovvero le vernici.
La composizione delle vernici è la seguente:

  • Legante: è la sostanza chimica che tiene insieme tutto e lega la vernice al substrato su cui viene applicata.
  • Solvente/diluente: servono per la messa in posa della vernice e tendenzialmente a vernice asciugata o li troviamo presenti in quantità ridotta o non li ritroviamo affatto.
  • Pigmenti/ cariche : i pigmenti sono solamente il colore mentre le cariche aiutano a migliorare le caratteristiche meccaniche della vernice e possono influenzare la permeabilità della stessa
  • Additivi: servono a migliorare le prestazioni della vernice e possono spaziare da acceleratori di asciugatura, antiossidanti, agenti di attivazione superficiale ecc.

Le vernici si classificano inoltre in base al processo di indurimento che la governano:

  • Indurimento per evaporazione del solvente(fisico)
  • Indurimento per ossidazione (il legante ossida e indurisce)
  • polimerizzazione

Il procedimento per una corretta verniciatura è quello che segue

Preparazione della superficie da verniciare
Preparazione della superficie da verniciare

La vernice inoltre ha ben 2 effetti protettivi sul substrato, ovvero la protezione fisica e meccanica dall’acqua isolando la componente dall’ambiente e in caso di presenza di pigmenti attivi anche quella di protezione catodica come abbiamo visto appunto le vernici allo zinco o anodica come le vernici al minio di piombo (questa non si usa più per la sua tossicità, ma largamente utilizzata per esempio sulla torre Eiffel o sul ponte di Brooklin in anni passati).

Metodi di protezione : Protezione elettrica

Dopo aver visto tutti i sistemi di protezione “passivi” andiamo ora a vedere quello più particolare e talvolta attivo.
Questo tipo di protezione si usa solo in ambienti altamente conduttivi come acqua di mare, terreno o ambienti particolari.
L’idea è quella di abbattere il potenziale di corrosione tra due elettrodi limitando la corrosione al suo minimo.
Abbiamo anche qui 2 categorie ovvero la protezione attiva catodica e anodica.

Protezione catodica

Fissato il processo catodico andiamo a lavorare sulla tensione a cui si trova il metallo aggiungendo o un elettrodo insolubile o uno solubile (anodi sacrificali)

Per quanto riguarda gli anodi solubili la teoria è molto interessante: infatti collegando con un filo il metallo da proteggere con l’anodo, la tensione di lavoro della struttura si abbassa a sommandosi a quella dell’anodo che andrà a corrodersi a favore della struttura stessa. Questo metodo è molto utilizzato sia in campo marino che in campo civile per proteggere tubature e cavi sotterranei. Questo tipo configurazione però favorisce lo sviluppo idrogeno sulla superficie del metallo da proteggere.
Il dimensionamento di questi anodi è una procedura abbastanza complessa senza entrare nei dettagli segue i seguenti passi:

E anche per oggi è tutto. Considerate che questo piccolo minicorso è solo il primo della serie e spero di poterlo mettere scaricabile in PDF. Per rimanere aggiornato clicca qui!!
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La corrosione, Morfologia di corrosione

La morfologia, ovvero come si presenta la corrosione, è caratterizzata dalla forma e dalla “driving force”, ovvero il tipo di chimica che alimenta la corrosione.
Le driving force sono principalmente 2, ovvero il contatto galvanico e la cella ad areazione differenziata.
Mentre le 3 macro-famiglie di corrosione sono corrosione generalizzata, corrosione localizzata e corrosione selettiva.

Morfologia di corrosione: Corrosione generalizzata

La corrosione si divide in

  • Corrosione uniforme
  • Corrosione non uniforme
Prima divisione per la morfologia di corrosione
Prima classificazione delle morfologie di corrosione

L’uniformità di corrosione è data dalla finitura superficiale, infatti dall’elettrotecnica sappiamo che le correnti si accumulano sugli spigoli. Infatti più le valli e i picchi sono arrotondati, più la corrosione sarà uniforme. Per esempio la prima parte ad andare via per corrosione delle viti sono proprio i filetti che sono fatti di una cresta sottile su cui si accumula l’intera corrente di corrosione. Una delle lavorazioni più comuni infatti per limitare la corrosione è la butturatura.

Tendenzialmente la corrosione generalizzata è data dal contatto galvanico tra 2 metalli con nobiltà differente
I fattori da considerare nella corrosione generalizzata sono:

  • Differenza di nobiltà pratica
  • Proprietà catalitiche (il catodo può aiutare la corrosione tramite reazioni catalitiche)
  • Rapporto tra le aree
  • Conducibilità e composizione della soluzione (conduttore di tipo 2)

Differenza di nobiltà pratica

Nella teoria abbiamo studiato l’esistenza dei potenziali di riduzione standard, ma questi sono stati calcolati in ambienti di laboratorio, quindi è molto probabile che alcune differenze di potenziale rispetto allo standard in condizioni naturai vengano sfalsate. Dato che la natura è imprevedibile si è scelto di affrontare il problema tramite una soluzione empirica.
Ovvero per la compatibilità tra 2 metalli e per evitare un fenomeno corrosivo disastroso (ovvero la corrosione rapida dell’anodo) si è scelto di utilizzare una differenza di potenziale di riduzione tra i due metalli inferiore a 0,25V

Tabella per la compatibilità tra metalli in acqua marina.
Tabella per la compatibilità tra metalli in mare

In questa tabella ad esempio abbiamo che i materiali in classe 5 faranno da anodo a quelli di classe inferiore. Idealmente quando costruiamo una struttura infatti sarebbe cosa buona farla tutta dello stesso materiale, in particolare i giunti di connessione causano non pochi problemi.
In questi casi sono possibili dei ribaltamenti di comportamento. Per esempio sappiamo dalla termodinamica che lo zinco è meno nobile del ferro, ma a temperature elevate l’ossido che si crea non è più isolante ma semiconduttivo e quindi lo zinco diventa catodico rispetto al ferro.

Esempio di "ribaltone" morfologia di corrosione
Esempio di “ribaltone” morfologia di corrosione

Appunto qui abbiamo che lo zinco passivato ha una tensione di lavoro maggiore rispetto alla reazione di riduzione ossigeno, e quindi farà da catodo rispetto al ferro.

Proprietà catalitiche del catodo

Anche per il catodo la condizione superficiale è determinante, infatti ad esempio un film di ossidi stabili posizionati sul catodo crea una sovratensione che ostacola la reazione sul catodo.

Un altro fattore determinante è la concentrazione di ossigeno dato che la pressione parziale di ossigeno determina la velocita della reazione catodica (vedi equazione di Nernst), infatti in acque stagnati la corrosione spesso è lenta o addirittura trascurabile, mentre in acque agitate la corrente di corrosione è molto elevata appunto per la reazione veloce di produzione ossigeno.

Rapporto tra le aree

Abbiamo già visto nella cinetica di corrosione che il rapporto tra le aree delle interfacce dei 2 metalli è strettamente correlato, infatti dato che la corrosione è un effetto superficiale, la profondità di corrosione sarà più veloce tanto quanto l’area del catodo è piccolo.

Morfologia di corrosione: Corrosione Localizzata

Come per la corrosione generalizzata, anche per la corrosione localizzata ci sono 3 sottofamiglie, ovvero:

  • Vaiolatura (pitting)
  • Fessura (Crevice)
  • Filiforme (sotto film protettivo)

La driving force di questo tipo di corrosione è principalmente la cella ad areazione differenziata
Generalmente questo tipo di corrosione non avviene su materiali attivi, ma su materiali protetti o da vernici o film passivanti e vengono innescati proprio dalla rottura di questa protezione.
La rottura può avvenire sia in maniera meccanica sia in maniera elettrochimica (la corrente galvanica “sfonda” il film protettivo)
Altri motivi di corrosione localizzata sono la presenza di un deposito che crea areazione differenziale in una zona localizzata della superficie e sempre con la stessa driving force all’interno delle fessure o per la presenza di gocce sul metallo.

Vaiolatura o Pitting

Morfologia di corrosione: esempi di pitting
Morfologia di corrosione: esempi di pitting
Meccanismo del pitting morfologia di corrosione
Meccanismo del pitting in presenza di cloro

Il tipo di corrosione localizzata più pericolosa e profonda è proprio questa. La vaiolatura è tipica appunto di metalli passivati ed è innescata dalla rottura o dal cedimento del film protettivo. I danni possono avere dimensioni ridottissime, addirittura microscopiche, e presentarsi anche singolarmente. Inoltre per via del rapporto ridottissimo tra le aree di catodo e anodo abbiamo una velocità di penetrazione della corrosione estremamente elevata. Tutto questo comporta problemi estremamente, in particolare in tubature o serbatoi in pressione.
Inoltre in caso di presenza di elementi de-passivanti come il cloro, la reazione diventa auto-catalitica, ovvero la velocità di reazione aumenta per via dell’idrolisi acida nella cavità,(ovvero l’ambiente acido nella cavita porta alla produzione di più ioni metallici per bilanciare il pH molto basso).

Attrazione degli ioni cloro per via di ioni ferro nella cavità.
Attrazione degli ioni cloro per via di ioni ferro nella cavità.

Piccolo appunto sui fattori di riduzione delle zone di passività

La zona di passività come abbiamo visto in cinematica e termodinamica della corrosione è la zona in cui si forma un ossido o idrossido protettivo sullo stesso metallo. L’esempio più lampante di metallo passivato è l’alluminio con i suoi ossidi (l’allumina in particolare).
La zona di passività è direttamente correlata all’ambiente e di conseguenza alla presenza d ioni depassivanti come il cloro appunto e del valore del pH.

Effetti di alcuni elementi in lega sulla curva di passività.
Effetti di alcuni elementi in lega sulla curva di passività.

E possibile inoltre che per metalli in condizioni di transpassività si attivi un ciclo di isteresi, ovvero ciclicamente la corrosione si ferma (ad esempio sul bagno-asciuga), il potenziale diminuisce e il metallo ha abbastanza tempo per ri-passivarsi e ricominciare il ciclo in transpassività.

Per poter misurare la propensione di un materiale a subire fenomeni di pitting esiste un indice di resistenza al pitting detto PREN, Questo prende in considerazione la composizione del metallo.

Pitting nodulare

In letteratura troviamo un caso importante, ovvero il rame in acqua dolce crea questo particolare tipo di pitting sovrastati da opercoli composti da prodotti di corrosione porosi.
Il meccanismo è tendenzialmente il seguente:

Corrosione in fessura

La driving force di questo tipo di morfologia di corrosione è l’areazione differenziale dovuto alla geometria delle componenti.
Tipicamente questo tipo di corrosione si presenta tra giunti metallici, interstizi sulle guarnizioni, filettature, saldature mal rifinite ecc…
La regola d’oro di questo tipo di corrosione è quella che per essere presente è necessario che l’interstizio sia sufficientemente piccolo da fare in modo che la velocità di consumo dell’ossigeno nell’interstizio sia maggiore della velocità di diffusione dell’ossigeno nello stesso.

Corrosione Filiforme

Questo tipo di corrosione è tipico di metalli protetti da un film passivato o da un film protettivo. La driving force di questo meccanismo corrosivo è la cella ad areazione differenziale. In particolare vediamo che quello che succede è che a seguito di un difetto nel film protettivo si crea sotto di questo un innesco di corrosione che poi si divide per areazione differenziale in una testa anodica che “cammina” e una coda catodica. Banalmente la testa ha meno area esposta all’aria rispetto al corpo catodico e quindi si crea una sorta d corrosione in fessura.

Morfologia di corrosione: corrosione filiforme
Meccanismo di diffusione della corrosione filiforme

Corrosione selettiva

La corrosione non solo può avvenire tra 2 metalli diversi, ma dato che spesso i metalli si trovano in lega tra loro, anche queste leghe possono comportarsi come delle celle galvaniche microscopiche. Questa morfologia di corrosione è tipica delle leghe del rame dove quest’ultimo, essendo un metallo più nobile dei suoi elementi in lega, si comporta come catodo.
L’attacco selettivo si divide in 2 macro-famiglie:

  • Dealligazione
  • Corrosione intergranulare

La prima è abbastanza autoesplicativa: 2 metalli in lega, uuno più nobile dell’altro, il meno nobile viene disciolto dal più nobile.
La seconda invece è un pò più particolare: infatti quello che succede è che il grano del materiale si comporta in maniera più o meno nobile rispetto al reticolo. Questo comporta che o uno o l’altro andranno a corrodersi se messi in contatto tramite un elettrolita.
Questo processo è tipico delle ghise e delle leghe di alluminio; ma i protagonista di questo processo è l’acciaio inox per delle ragioni molto particolari che vedremo.

Dealligazione

La de-alligazione funziona su 2 meccanismi dettati dalla natura della lega

  • Leghe bifasiche —-> Microcoppie galvaniche tra matrice e alliganto
  • Leghe Monofasiche —-> Dissoluzione della lega e ri-depozione del metallo nobile

Come abbiamo detto appunto la de-alligazione è un processo tipico delle leghe di rame. In particolare gli ottoni (CuZn) subiscono un processo di dezinficazione, in particolare nell’ottone 60/40 dove abbiamo effettivamente una lega bifasica.
Per poter limitare questo effetto utilizziamo degli elementi in lega detti inibitori come fosforo, arsenico, piombo, stagno e alluminio, ma questi vanno bene solo per gli ottoni con una percentuale di zinco inferiore al 35%.

Corrosione selettiva su un elemento di bronzo
Elemento di ottone in cui lo strato superiore (destra) è stato attaccato da corrosione selettiva
Sottobicchiere di ottone che ha subito una corrosione selettiva

Per i bronzi invece avviene il processo di soluzione della lega e rideposizione del rame. Anche in questo caso esistono degli inibitori del processo che sono arsenico, antimonio e fosforo in quantità inferiori allo 0,2%. Questo tipo di leghe è largamente utilizzato in nautica sotto il nome di leghe ammiragliato.

Grafitizzazione delle ghise

Sempre sotto i processi di de-alligazione notiamo le ghise. Abbiamo visto in termodinamica, ma ripetiamo qui che il carbonio è più nobile della maggior parte dei metalli e dato che la ghisa è una lega ferro carbonio ricca di carbonio è soggetta anche lei alla de-alligazione.
Nota: per avere de-alligazione nelle ghise è necessario avere i cluster di grafite.

Morfologia di corrosione selettiva nella ghisa

Morfologia di corrosione: Corrosione intergranulare

Questo tipo di corrosione è tipica delle leghe di alluminio e degli acciai inox, anche se con meccanismi diversi.
I primi si corrodono per la loro capacità di formare leghe intermetalliche, mentre i secondi per via di un fenomeno detto sensibilizzazione.

Le leghe di alluminio

Le leghe di alluminio corrodono per via della formazione di grani intermetallici. Questi possono essere anodici o catodici rispetto all’alluminio. In un caso abbiamo la corrosione della matrice di alluminio (caso di intermetallo anodico), nell’altro abbiamo la corrosine solo del grano esterno.

Acciaio inox

L’acciaio inox segue un processo simile, ma sul bordo di grano. Questo è il caso in cui la forza di un acciaio diventa la sua debolezza. Quello che succede è che con un riscaldamento e un successivo raffreddamento lento quello che succede è che il cromo si accumula sui bordi di grano come carburi di cromo. Questi si comportano da catodo locale e in presenza di un elettrolita e vanno a indebolire la coerenza tra i grani.

Morfologia di corrosione, sensibilizzazione e presenza di rosari di carburi di cromo sul bordo di grano

Questo tipo di sviluppo di carburi di cromo è tipico attorno le saldature e porta ad una corrosione a lama di coltello. Ovvero il cordone di saldatura rimane integro e viene attaccato solo il “bordo” della saldatura. Questo accade appunto per la “sensibilizzazione” dell’acciaio.
La posizione poi dipende dalla natura dell’acciaio preso in considerazione e ad eventuali inibitori inseriti in lega.

Altri tipi di morfologia di corrosione

In realtà ci sono altre morfologie di corrosione, ovvero quelle assistite da sforzo. In questo tipo di morfologia di corrosione in realtà abbiamo 2 effetti:

  • La presenza di uno sforzo
  • La presenza di un ambiente corrosivo

Presi singolarmente i 2 effetti non avrebbero effetti catastrofici, ma uniti insieme l’uno alimenta l’altro, in particolare con i meccanismi di corrosione in fessura.
Ma in questo articolo non li tratterò in maniera approfondita.

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La cinetica della corrosione

Abbiamo visto la termodinamica della corrosione che risponde alla domanda “La corrosione può avvenire?”. Ora la cinetica della corrosione ci dice “se avviene quanto velocemente?”.
Come l’articolo prima sarà molto tecnico e spero di lasciare comunque qualcosa a chi lo leggerà
E come prima, Iniziamo!!

La legge di Faraday

Possiamo intuire che, se la corrosione è formata da ioni positivi che abbandonano l’anodo, allora ci saranno tanti elettroni liberi di girare quanti ne sono gli ioni che se ne vanno.
Questa è la base della legge di Faraday, ovvero se la velocità di corrosione è la variazione di massa al passare del tempo

Velocità di corrosione

e la massa è formata da atomi metallici, allora la velocità di corrosione è proporzionale alla quantità di ioni che abbandonano l’elettrodo e di conseguenza è proporzionale agli elettroni liberi di girare e quindi alla corrente. Questo ci porta a introdurre la legge di Faraday per la cinetica della corrosione.
Dopo questo frasone lunghissimo vediamo la formula:

Applicato poi sull’area interessata abbiamo che la velocità di corrosione su unità di area è:

E da qui notiamo subito una cosa, ovvero che l’area è una componente importante della corrosione, in particola il RAPPORTO tra le aree di anodo e catodo fa la differenza. Infatti noi sappiamo che la corrente al catodo è la stessa corrente al catodo, ma allora se la corrente è costante abbiamo che più l’area dell’anodo è piccola, più forte sarà la concentrazione di correnti su unità di area. Questo comporta che la velocità di corrosione del catodo cresce al diminuire dell’area dello stesso.

Il circuito di della corrosione

Adesso abbiamo visto dalla termodinamica della corrosione un potenziale di cella, abbiamo appena visto una corrente di corrosione… Non ci ricorda qualcosa?
Certamente il processo di corrosione è assimilabile ad un circuito elettrico, e come un circuito elettrico è fornito di un generatore (la cella con anodo e catodo), delle resistenze e una corrente che lo attraversa (appunto la corrente calcolata dalla legge di Faraday).
Vediamo quindi qui sotto le varie componenti:

Visualizzazione del processo corrosivo come un circuito elettrico. Fondamentale per la cinetica della corrosione
Visualizzazione del processo corrosivo come un circuito elettrico.

Vediamo che appunto i potenziali vengono modificati dalle polarizzazioni di attivazione, ovvero un certo sovrapotenziale che deve essere “sconfitto” prima di iniziare la corrosione.
Questo sovrapotenziale è dipendente dalla concentrazione dello ione metallico in un intorno dell’elettrodo.

Le rette di Tafel

Esistono quindi delle curve di polarizzazione che mettono in relazione il “nuovo potenziale” con la corrente e sono dettate dalla legge di Butler-Volmer.

Equazione di Butler-Volmer
Equazione di Butler-Volmer

Che raccolte in maniera opportuna ed in funzione di E (potenziale) si ottiene: circa questa cosa qui in rosso

Approssimando questa cosa matematica brutta otteniamo la legge e i grafici di Tafel, ovvero le curve di comportamento anodico e catodico di un materiale.

Mettiamo in scala logaritmica assoluta questo grafico e magia.

Equazioni delle rette di Tafel per la cinetica della corrosione
Equazioni delle rette di Tafel

Le rette di Tafel ci dicono appunto come si comporta il metallo, in particolare

  • La pendenza: al comportamento anodico più la pendenza è alta, più la velocità di corrosione sarà bassa, al comportamento catodico al crescere della pendenza avremo anche qui una cinetica lenta.
  • La posizione rispetto all’asse y (E): al crescere della distanza cresce la corrente di scambio e quindi la velocità minima di corrosione

Andando a sovrapporre più curve di comportamento otteniamo quello che poi chiameremo punto di lavoro di cella.

Polarizzazione di attivazione

La polarizzazione di attivazione è una sorta di barriera energetica che si oppone alla corrosione. In parte è legata alla natura del metallo, in parte alla natura dell’elettrolita che lo circonda.

Distacco sulla polarizzazione di attivazione dei metalli.
Distacco sulla polarizzazione di attivazione dei metalli.

Questo comporta un certo distaccamento tra le curve che però è possibile trascurare poichè dell’ordine dei millivolt, ma ben più importante è il contributo dato dalla natura dell’elettrolita che circonda il materiale. Infatti se questo è “stagnante” attorno agli elettrodi si formerà una “coltre” di ioni di carica opposta all’elettrodo stesso (positiva per l’anodo, negativa per il catodo). Questa si opporrà al movimento delle cariche, ossia alzerà la tensione necessaria all’attivazione dei processi di corrosione.

Grafico di polarizzazione dell'anodo
Grafico di polarizzazione dell’anodo
Grafico di polarizzazione del catodo
Grafico di polarizzazione del catodo

Reazioni catodiche

Ricordiamo che le reazioni catodiche importanti sono la reazione di sviluppo idrogeno e quella di riduzione ossigeno. Quest’ultima ha una particolarità, ovvero ha una corrente limite di accettazione dipendente dalla limitata velocità di consumo di ossigeno dell’acqua dipendente dalla concentrazione di ossigeno. Questo si verifica in particolare a elevate velocità di corrosione.

Reazione catodica dell'ossigeno
Reazione catodica dell’ossigeno

Punto di lavoro

Il punto di lavoro si trova intersecando la caratteristica anodica di un elettrodo con la caratteristica catodica di un altro. Questo è quindi il punto i comune dove le correnti sono uguali (vedi legge di Faraday sopra) e da qui è possibile quindi ricavare il potenziale di corrosione, ovvero la tensione tra i due elettrodi.

Definizione cinetica del punto di lavoro
Definizione del punto di lavoro
Cinetica totale della corrosione di un insieme di processi anodici e catodici
Cinetica totale della corrosione di un insieme di processi anodici e catodici

Fenomeni di passivazione

Il fenomeno di passivazione è la creazione di uno strato superficiale di film protettivo composto da ossidi o idrossidi. La natura dello strato è di fondamentale importanza, infatti deve rispettare le seguenti caratteristiche:

  • Compatto
  • Isolante
  • Insolubile
  • Adeso
  • Rinnovabile

Lo strato di film passivante offre quindi una resistenza in più, ma spesso viene generato a determinate condizioni di tensione e corrente.
Il diagramma di Evans si trasforma quindi in questo modo:

Grafico anodico di un metallo passivato
Grafico anodico di un metallo passivato

Vediamo quindi che circa in maniera istantanea al crescere della tensione oltre il ramo attivo la corrente di passività è inferiore alla corrente di scambio proteggendo così il materiale dalla corrosione.
La zona di passivazione è soggetta a cambiamenti dipendenti da altri elementi magari messi in lega al metallo all’anodo, un esempio è il Cromo che allarga la zona di passivazione in tutte le direzioni, oppure il molibdeno che alza il limite di transpassività.

Paragone termodinamica e cinetica

Possiamo vedere che questo comportamento trova riscontro anche nella termodinamica.
Infatti la cinetica della corrosione non può esserci senza una termodinamica favorevole.

Paragone tra cinetica e termodinamica
Paragone tra cinetica e termodinamica

Avendo quindi il nuovo grafico possiamo vedere che:

  • Se la reazione catodica attraversa solo la zona di attività allora la corrente di corrosione sarà quella solita
  • se la reazione catodica attraversa solo la zona di passività allora la corrente di corrosione sarà o nulla o molto bassa
  • Se la reazione Catodica invece attraversa lo stato di transpassività allora avremo fenomeni di corrosione localizzata perchè la tensione riuscirà a “sfondare” il film passivante in alcuni punti
  • Se invece la Reazione catodica attraversa sia la zona di passività, sia la zona di attività, allora alla rottura del film avremo la corrosione sul danneggiamento con velocità di Icorr.
CInetica della corrosione di un metallo passivato con un processo catodico che attraversa sia un punto nella zona di passività sia un punto nella zona di attività
CInetica della corrosione di un metallo passivato con un processo catodico che attraversa sia un punto nella zona di passività sia un punto nella zona di attività

Da questi grafici e poi possibile pensare a dei controlli di corrosione cinetici che vedremo nell’articolo di protezione dei metalli dalla corrosione. Appunto la cinetica è importante perché per l’ingegneria un elemento che non si corrode e uno che si corrode di 0,0001 micron all’anno non hanno grandi differenze,

E Per quanto riguarda la cinetica della corrosione è tutto.
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La Termodinamica della corrosione

Dopo aver visto gli accenni di elettrochimica andiamo ad approfondire uno dei 2 aspetti della chimica della corrosione, ovvero la termodinamica di corrosione.
Questo aspetto è quello che risponde alla domanda : “può avvenire spontaneamente?”
Da qui la situazione diventerà molto tecnica e spero di far comunque trasparire qualcosa di interessante.

Iniziamo

I metalli e gli elettrodi di riferimento

Abbiamo visto la reazione anodica, ovvero gli elettroni vanno via e gli ioni metallici di disciolgono in una soluzione. Questa è una reazione di equilibrio e questo implica che prima dell’equilibrio (ovvero prima che il metallo smetta di sciogliersi), tra il metallo e la soluzione c’è una differenza di potenziale che fa avvenire la reazione. Questa differenza di energia non è misurabile, ma come abbiamo visto è possibile misurare la differenza di potenziale tra un anodo e un catodo.

Singolo elettrodo immerso in una soluzione
Singolo elettrodo immerso in una soluzione

Quindi è necessario utilizzare un riferimento e quello più utilizzato è l’idrogeno utilizzato in questo modo.

Elettrodo di riferimento SHE utilizzato per avere un riferimento per la termodinamica di corrosine
Elettrodo di riferimento SHE

Si considera quindi il potenziale dell’elettrodo SHE come zero e da qui tramite esperimenti è possibile creare una scala di potenziali per ogni reazione di riduzione. ATTENZIONE: questa scala è la scala dei poteziali di RIDUZIONE, ovvero nella formula chimica la direzione di formazione dei metalli solidi.

Scala dei potenziali di riduzione standard rispetto all'elettrodo SHE
Scala dei potenziali di riduzione standard rispetto all’elettrodo SHE

Vediamo infatti che dal lato dei metalli catodici troviamo tutti i metalli che si trovano allo stato metallico in natura, mentre dall’altro lato tutti i metalli che troviamo in forma di ossidi. Notiamo inoltre che il potenziale da un lato e l’altro cambia di segno.

Forza elettromotrice di cella galvanica

Data questa tabella allora possiamo capire i potenziali di cella, ovvero l’energia “accumulata tra 2 elettrodi” sottoforma di potenziale elettrico. Vediamo alcuni esempi:

Esempio di calcolo di potenziale di cella
Esempio di calcolo di potenziale di cella

in generale per una cella non in condizioni standard s utilizza l’equazione di NERNST

Equazione di Nernst che gestisce la termodinamica di corrosione
Equazione di Nernst

Vediamo che non è altro che un fattore correttivo delle condizioni standard. Il valore di 0,0591 è dato dalla moltiplicazione dei valori di (RT/F) * ln/LOG
E osserviamo una cosa importantissima, ovvero che le attività non sono strettamente dipendenti dalle reazioni in corso, ma dalle concentrazioni. Infatti è possibile avere una cella galvanica composta con 2 elettrodi dello stesso materiale ma con concentrazioni diverse.
Il processo della cella a concentrazione lo ritroviamo in moltissimi processi corrosivi, principalmente la concentrazione che varia è quella di ossigeno.

Stabilità termodinamica dell’acqua

Abbiamo visto appunto che i processi catodici sono dati dall’acqua, ovvero dipendono dalle concentrazioni di ioni H nell’acqua (pH) e di ioni OH (pOH). Quindi svolgendo le equazioni di Nernst in funzione del pH otteniamo il “campo di esistenza dell’acqua”. Ovvero a quale potenziale e quale pH troviamo acqua stabile, dove l’acqua si ossida (sviluppo ossigeno) o dove l’acqua si riduce (sviluppo idrogeno).
Queste reazioni vanno a formare le due linee più importanti per la termodinamica di corrosione sul diagramma di Pourbaix che vedremo dopo.

Equazioni di equilibrio termodinamica dell'acqua
Equazioni di equilibrio termodinamica dell’acqua
Diagramma di Pourbaix con le equazioni e le reazioni di equilibrio termodinamica dell'acqua, base della termodinamica di corrosione
Diagramma di Pourbaix con le equazioni e le reazioni di equilibrio termodinamica dell’acqua

Come abbiamo visto i metalli vanno in corrosione solo se esiste un potenziale catodico maggiore di un potenziale anodico. Dato che le reazioni avvengono con l’acqua vediamo che:

  • In ambiente acido non areato (senza O2) ossidano i metalli con potenziale di riduzione minore di 0 V
  • In ambiente acido areato (con O2) tutti i metalli con potenziale di riduzione inferiore a 1,23 V
  • In ambiente neutro non areato (senza o2) ossidano i metalli con potenziale di riduzione minore di -0.41 V
  • In ambiente neutro areato (con O2) tutti i metalli con potenziale di riduzione inferiore a 0.82 V
  • In ambiente basico non areato (senza O2) tutti i metalli con potenziale di riduzione inferiore a -0.83V
  • In ambiente basico areato (con O2) tutti i metalli con potenziale di riduzione inferiore a +0.40 V
come si corrodono i vari metalli a seconda delle equazioni termodinamiche dell'acqua

Diagrammi di Pourbaix

Possiamo ora con lo stesso procedimento sul grafico creare le rette di esistenza di una determinata specie chimica rispetto ad un’altra (equilibrio metallo-ione metallico, equilibrio ione metallico – idrossido, equilibrio metallo idrossido) e sovrapporla al grafico di esistenza dell’acqua. Questo tipo di diagrammi è uno dei pilastri fondanti su cui si basa la termodinamica di corrosione.
Otteniamo circa un diagramma di questo tipo.

Generico diagramma di pourbaix
Generico diagramma di pourbaix

Principalmente appunto otteniamo 3 zone:

  • rosso: corrosione
  • verde : passivazione
  • blu: immunità

In realtà c’è un problema nella passivazione, ovvero il grafico di Pourbaix non ci da indicazioni riguardanti la qualità della passivazione, quindi non è sicuro che effettivamente ci sia un ossido passivante o un idrossido passivante, ma segna solo la formazione di ossidi e idrossidi.
Vediamo qualche esempio

Esempio di diagramma di Pourbaix per lo zinco
Esempio di diagramma di Pourbaix per lo zinco
Esempio di diagramma di Pourbaix per lo ferro
Esempio di diagramma di Pourbaix per il ferro

In nessuno di questi 2 casi c’è l’immunità, e infatti entrambi (sia zinco che ferro) non sono presenti in forma metallica in natura e entrambi sono soggetti a corrosione in qualsiasi circostanza in cui esiste l’acqua.
Le zone di immunità in realtà generano idrogeno che può intossicare i metalli (vedasi idrogeno e acciaio)

In questo caso vediamo rame e oro che esistono metallici in natura e che, in particolare l’oro vediamo che è immune in qualsiasi condizione.
Per quanto riguarda la termodinamica di corrosione è tutto.

Anche per oggi è finisce qui. Per rimanere aggiornati pigia qui, per altri articoli, anche quelli della serie “la corrosione”, pigia quii!!